venerdì 21 maggio 2010

Google e la privacy: critiche da 10 Garanti europei Di Elvira Pollina

Cara Google, occhio alla riservatezza. Dieci autorità per la tutela della privacy di altrettanti paesi, Italia compresa, hanno scritto a Big G per chiedere una maggiore cautela nel trattamento dei dati personali dei propri utenti.

"Troppo spesso – scrivono i Garanti - il diritto alla privacy dei cittadini finisce nel dimenticatoio quando Google lancia nuove applicazioni tecnologiche”. Il riferimento è a Google Buzz, il social network lanciato qualche mese fa, che “ha trasformato Gmail, nato come servizio di posta elettronica one-to-one tra privati, in un social network”. Qualcosa che fin da subito gli utenti stessi avevano notato, mettendo in evidenza le situazioni imbarazzanti create da Buzz.

I contatti mail con cui ciascuno scambiava più frequentemente messaggi erano stati inseriti, in maniera piuttosto automatica, in una sorta di rete à la Facebook, in cui ognuno poteva vedere l'attività e contatti degli altri. L'obiezione è semplice: e se io non volessi far vedere agli altri che scambio mail con una certa persona? Del resto, iscrivendomi a Gmail ho aperto una casella di posta e non un account di un social network.

Ecco il motivo del “profondo turbamento” delle autorità garanti che hanno evidenziato una grave “mancanza di rispetto per le regole e le norme fondamentali in materia di privacy”. Insomma, le diverse istituzioni che in Francia, Germania, Irlanda, Israele, Italia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna e Regno Unito difendono il diritto dei propri cittadini a mantenere una sfera di riservatezza chiedono formalmente a Big G garanzie per chi usa i servizi Google. In concreto: iscrizione ai servizi legata all'inserimento del minimo indispensabile d' informazioni personali, chiarezza sull'uso dei dati, possibilità di modificare facilmente le impostazioni della privacy.

La replica da Mountain View è piuttosto fredda. Google sottolinea di aver modificato, su segnalazione degli stessi utenti, il passaggio da Gmail a Buzz, rendendolo meno automatico. “Cerchiamo di garantire la massima trasparenza riguardo i dati che raccogliamo e su come li usiamo, così come cerchiamo di rafforzare in controlli sui nostri prodotti”.

Il punto fondamentale della questione è uno: rispettare la volontà dei consumatori, dando loro la possibilità di condividere o meno le informazioni che credono. L'occhio di Google , insomma, deve arrivare solo fino a dove vuole l'utente, che deve essere messo nelle condizioni di scegliere. Nel caso di Buzz c'è stata da parte di Google poca chiarezza e in molti si sono ritrovati a condividere informazioni senza volerlo.

Ma la reazione della community di Gmail dimostra che se, al contrario di quel che pensa il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, l'era della privacy non è finita è merito innanzitutto dell'attenzione degli utenti stessi. Google ha compiuto un'operazione azzardata nel trasformare - di fatto - gli account di posta in qualcosa di social ma bisogna riconoscere che la risposta alla critiche è stata tempestiva. Sicuramente più tempestiva della legittima e motivata protesta dei garanti, che arriva con un paio di mesi di ritardo.

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